Incontra Mario Martone e conosci il suo punto di vista.

Chi fa il regista adopera delle tecniche che si evolvono con il mezzo. Impara come la figura del regista muti a secondo che si tratti di teatro, la cui matrice antichissima nasce a prescindere dalla regia, o di cinema, forma d’arte imprescindibile dalla figura del regista. La macchina da presa è un'estensione del corpo del regista, fin dagli esordi il cinema ha dovuto e saputo proiettarsi in avanti. La sua stessa evoluzione ne è la prova, dal muto, al sonoro, dal bianco e nero al colore, dalla pellicola al digitale, il cinema ci insegna che aderire al nostro tempo significa comprendere il passato per guardare avanti.

Appartenere a un generazione di passaggio tra due secoli, una consapevolezza che Martone ha sempre avuto. Fin da ragazzo il senso di questa transizione tra epoche ha condizionato la sua interpretazione della realtà, una realtà che oggi, per Mario Martone, ha ancora contorni sfumati. Uno stato indefinito ma molto interessante che Martone t’insegna a considerare come un’occasione per misurarsi con generazioni diverse senza preconcetti e barriere. Impara che il confronto generazionale, anche se destabilizzante, è sempre una ricchezza sia dal punto di vista antropologico, sia sociale e politico.

Lavorare in più campi non significa farlo per eclettismo fine a se stesso. Impara da Mario Martone che ogni settore, cinema, teatro, opera, ha bisogno di un’applicazione intellettuale pertinente e di tecniche specifiche. Sono “cantieri” che comunicano uno con l’altro, ma che hanno bisogno di un approccio professionale dedicato e allo stesso tempo umanista. Fondamentale non perdere mai la curiosità per tutti gli aspetti di un progetto sia visibili che più nascosti. La combinazione di questi fattori è per Martone la promessa di un futuro che lascia aperte le vie dell’immaginazione.

Un film si compie in tre fasi: le due fasi più intimiste e silenziose, stanno all’inizio e alla fine del film e sono la scrittura e il montaggio. Si tratta di spazi mentali aperti, al cui centro vive la terza fase, il set, l’esplodere della vita. Qui è fondamentale il piano di lavorazione e la capacità di stare in equilibrio tra esigenze artistiche e organizzative. C’è poi il rapporto della sceneggiatura con la realtà che si concretizza nella capacità di gestire un gruppo di lavoro di centinaia di persone con professionalità e sensibilità diversissime tra loro. La grande sfida del regista.

Le difficoltà da affrontare nel cinema sono vaste, sfaccettate e hanno tempi lunghissimi. "Il rapporto tra te e ciò che hai in mente" deve quindi essere molto saldo e libero da influenze esterne. Impara da Mario Martone che la concentrazione è fondamentale, bisogna rimanere dentro al proprio film per tutta la sua durata (a volte di anni) anche perché prevedere e governare il successo di un film è quasi impossibile. Ciò che conta è che alla fine il processo che hai seguito ti convinca appieno a prescindere dal successo di pubblico. Bisogna imparare “a fare con quello che c’è”, che sia poco o sia molto, è  questo il baricentro che tu hai e a cui non devi venire meno.

Diceva Beckett: “fallire, fallire sempre, fallire meglio”, non si può che fallire. Dopo di che per Martone ciò che resta sei tu, quello che fai e il processo di lavoro che ti guida. Il bilancio di Martone non prevede rimpianti, nel senso che rifarebbe tutto da capo, fallimenti compresi, soprattutto perché non l’ha fatto da solo, ma è stata un’esperienza condivisa, che è il vero valore del suo lavoro.

In campo artistico le regole sono quelle che innanzitutto ti dai tu: fare tabula rasa, passeggiare, farsi sorprendere, queste sono le condizione in cui può nascere “un organismo artistico vivente”. Non appena questo ha preso forma però la disciplina diventa fondamentale, senza di essa il film non prenderebbe vita. La libertà vive sempre all’interno di determinati confini che devi inevitabilmente gestire, così è la vita, così è l’amore, così è la relazione con gli altri, solo così da due elementi può nascerne un terzo, un atto creativo condiviso, perché il cinema e il teatro non sono altro che forme dello stare al mondo.

Le agendine, le note di una vita di ispirazioni e immaginazione, madeleines proustiane collegate con i processi mentali di un uomo che si è messo e si mette  continuamente a confronto con se stesso, con gli altri e con i piani temporali della sua esistenza.